Il futuro della vitivinicoltura nell'Europa del Nordest
Incroci con la vite selvatica in alternativa agli Ogm.
Mario Crosta |
Mi diceva Roman Mysliwiec (che dal Canada, dagli USA, dalla Russia, dall'Ucraina e da altri territori dominati dai grandi freddi ha importato alcuni di questi incroci) che nelle loro nazioni d'origine le Universita ed i comitati scientifici studiano e sperimentano da decenni in tutta normalita queste vere e proprie alternative naturali al paventato ricorso agli organismi geneticamente modificati in provetta, i cosiddetti ogm, senza nessuna remora. E vero che nell'area mediterranea ed in genere nei Paesi caldi non c'e nessun bisogno di incroci del genere, non se ne sente affatto la mancanza, anzi si lasciano stoltamente estinguere la gran parte dei vitigni autoctoni quando non sono di richiamo commerciale, magari proprio quelli meno delicati e piu resistenti alle intemperie che seguono il mutamento in atto del clima terrestre.
Ma in questi Paesi si usano poi delle sostanze chimiche sintetiche per la lotta ai parassiti ed alle malattie che infestano le vigne, dei farmaci comunque compresi in un elenco autorizzato, almeno nella CEE, mentre in continenti come l'Australia fanno quello che vogliono e invadono i mercati europei con vini che non mi sentirei tranquillo di degustare.
E proprio per ridurre l'impatto di questi farmaci, fin qui regolarmente usati senza proteste, ma che inducono sempre piu consumatori a simpatizzare per le tecniche biologiche, da alcuni anni in certi Stati si sono introdotti, senza nemmeno le regole, degli ogm in vitivinicoltura, oltre che in tutto il resto delle coltivazioni a scopo alimentare, sollevando un enorme problema che non e soltanto di ordine morale o di salvaguardia della salute dei nostri figli e nipoti. In Italia ancora no, ma l'inquinamento genetico bussera certamente alle nostre porte in modo legale o clandestino esattamente come fanno gli immigrati. Perfino sulla stampa del Vaticano sono comparsi ultimamente dei commenti che non pongono piu delle barriere assolute a tutti gli ogm, certamente con dei distinguo e comunque a causa della drammatica necessita di aumentare la produzione di alimenti vegetali nei continenti schiacciati dalla fame, dove i bambini stanno inesorabilmente morendo (mentre da noi si interrano e si distruggono le arance...) e la cosa comincia dunque a preoccupare non poco.
Questo e un campo in cui se si presta una mano ti prendono tutto il braccio. Ho firmato percio a suo tempo la petizione contraria alla diffusione indiscriminata degli ogm in vitivinicoltura con piena convinzione, proprio perche ho intravisto a Nordest un'alternativa allo strapotere dei fitofarmaci e degli antiparassitari anche sul piano economico (a Ovest le tecniche biologiche purtroppo sono penalizzate su questo piano) appunto nell'uso degli incroci con le viti selvatiche almeno per i territori di quei vigneti che sono costretti ad un breve periodo vegetativo a causa degli inverni lunghissimi e straordinariamente rigidi. Anche la sarebbe meglio produrre infatti del vino da tavola da vitigni naturali anziché quelle nocive miscele di acqua, alcool e concentrati di frutta che invece sono e saranno ancora assurdamente permesse da alcune legislazioni che presto faranno parte della CEE dei venticinque . Mi domando quindi in base a quale ragionevole criterio sia ancora in vigore il divieto al commercio dei vini prodotti da quegli incroci, senza altra eccezione che quella concessa agl'inglesi, forse perche in Europa sanno gridare un po' piu forte degli altri.
Quando le vigne europee sono state devastate dalla filossera all'inizio del secolo scorso, sono state le radici americane a salvare la situazione facendo da portainnesti per i vitigni sopravissuti. Ma da quelle stesse radici, lasciate sviluppare e fruttificare da sole, magari per ornare i giardini, alcuni hanno provato a trarre comunque dei vini, poi vietati al commercio, per esempio il Clinton, rosso, concentrato, sporcabicchieri, dal profumo di selvatico, eppure un vino con un buon seguito di amatori, tanto che ancora se ne produce in purezza, o meglio anche in uvaggio con altre uve per dare un rosso dolce, piacevole e liquoroso, ma che rimane un vino di straforo e solo per il consumo famigliare o per qualche occasione da festeggiare in privato con gli amici. Anche il cosiddetto Fragolino, che ormai e diffuso in tutti i supermercati, non lo si potra chiamare vino in etichetta, ma tutti sanno lo stesso che lo e e senza nessuna pretesa qualitativa gode pure di un certo successo.
Se il legislatore non avesse le fette di patate sugli occhi, si accorgerebbe dell'incongruenza attuale del divieto indiscriminato al commercio dei vini derivati dagli incroci dei vitigni della Vitis vinifera con le viti selvatiche. Se invece si vuole promuovere le esportazioni dei vini dell'Europa del Sudovest nell'Europa del Nordest, il discorso e un altro. Ai prezzi di oggi, stanno cominciando a diventare popolari soltanto i vini molto economici, tutti gli altri sono acquistati o per fare un costoso regalo oppure da persone di ceto elevato e portafoglio gonfio. Fuori dalla CEE dei quindici, ci sono stipendi medi di 120 euro in Polonia, 60 in Ucraina, 45 in Bulgaria, meno di 30 in Moldavia. Come credete che possano consumare in massa il nostro vino a pasto quando in queste nazioni una bottiglia di vodka costa la meta e, mischiandola nei bicchieri con una quantita tre volte tanto di succhi di frutta, in tavola svolge una funzione (tradizionale per quei popoli dell'Europa del freddo) alternativa a quella del vino, ma con una resa economica moltiplicata in questo caso per sei? Se non si trova il modo di rendere accessibile a quei consumatori poveri il vino italiano, non c'e altra via che aumentare la loro capacita di acquisto fino al nostro stesso livello, cioe sei volte tanto, e ci vorra molto tempo e lavoro.
Non e quindi quel divieto CEE al commercio dei vini ottenuti dagli incroci con le viti selvatiche che puo concorrere ad aumentare le esportazioni di vino verso quegli Stati. E vero semmai il contrario. Il vino deve diventare ancora popolare la dove si consuma una quantita di vodka e di birra impressionante, bevande popolari e tradizionali dell'Europa del Nordest. E benvenuta, ma non basta, la promozione delle esportazioni dei nostri vini con la diffusione della cultura del vino, che e comunque ancora troppo limitata e rimarra purtroppo confinata alle persone abbienti. Occorre anche nel campo del vino concretizzare la possibilita di riconvertire l'agricoltura, fin qui molto disastrata, di quelle terre in prodotti che siano perlomeno convenienti sul luogo. Il lungo inverno obbliga alle serre gli ortaggi e le verdure, con costi piuttosto elevati. Certe coltivazioni che in Italia si fanno tre volte o due volte l'anno, lassu si fanno soltanto una volta, perche ci sono cinque o sei mesi di neve. La terra poi non e cosi fertile come al di qua delle Alpi, ma e molto sabbiosa ed e piu adatta a pascolo o a vigna. E molti agricoltori, attualmente poverissimi, diventerebbero volentieri anche vignaioli, se coltivare la vigna diventasse oggi redditizio, ma che in passato, con i vitigni tradizionali, non lo e mai stato perche non sono resistenti al freddo e maturano troppo lentamente in quel clima.
Percio il futuro del vino da tavola nell'Europa del Nordest non puo prescindere da una vitivinicoltura adeguata alle condizioni pedoclimatiche locali. Ecco perche ultimamente sulle riviste specializzate in vino ed alcoolici di quei Paesi cominciano a comparire pagine sulla vitivinicoltura locale, come si sceglie un terreno da vigna, come si pianta un vigneto, con quali varieta sarebbe consigliabile, come si fa il vino eccetera. Non c'e da stupirsi se i piu noti opinionisti e sommelier ospitano sulle loro riviste come Wino, Swiat Win, Rynki Alkoholowe, Vin a Vinnic (solo per citarne alcuni), gli scritti dei pochi produttori locali. Saranno pure degli eremiti, ma sono accreditati gia da numerose visite condotte da esperti ed intenditori nei loro vigneti estremi e nelle loro piccole cantine dove producono poche centinaia di bottiglie l'anno e dove si tocca con mano la professionalita e la passione per il vino naturale e non per quello artefatto o geneticamente inqualificabile. Eppure usano gli incroci da noi non ammessi. Non c'e un polacco amante del vino che non simpatizzi per questa vitivinicoltura estrema, anzi c'e la convinzione diffusa che forse si possa trovare proprio in questo modo la strada giusta per sbarrare la strada agli ogm.
E una realta in grande fermento, di cui si dovra pur tener conto, e che non mi ha quindi ancora risolto quella baraonda di pensieri l'un contro l'altro armati, che ho voluto in questo scritto trasferirvi pari pari, per avere anche un vostro sempre gradito, ma in questo caso indispensabile, parere. Se qualcuno vorra sparare sul pianista, non potra pero mai piu femare la vostra musica.
Mario Crosta
www.enotime.it
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